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I CORSI

Raffaella Masciadri: l’intervista all’indomani dell’evento Athletes Academy

April 4, 2022

Giocatrice del decennio 2000-2010”, è stata capitana della Nazionale Senior di Pallacanestro:  203 presenze e più di 1700 punti, 23 stagioni giocate in serie A1, 15 scudetti e i “numeri” del suo palmarès sono tanti ancora.

Raffaella Masciadri è un pezzo importante della storia del Basket femminile italiano e non solo.

E’ lei che approda  anche nella FIBA World Players Association (Associazione mondiale giocatori/trici di pallacanestro) di cui è presidente Dirk Nowitzki. 

Una vita dedicata allo sport, lo sport che è la sua vita.

Oggi, al secondo mandato consecutivo come Presidente della Commissione Atleti del CONI, continua il suo impegno con il progetto sportivedigitali.it dedicato all’empowerment, alla formazione e alla dual career delle giovani atlete di tutte le discipline.

Carattere e tenacia da vendere, determinazione come solo i grandi campioni sanno trasmettere, e tanta competenza. Oltre che aneddoti e storie di chi ha vissuto la più grande delle favole sportive…

Abbiamo incontrato Raffaella Masciadri all’indomani dell’evento Athletes Academy, svoltosi a Coverciano lo scorso 29 marzo, nella cornice del Museo del Calcio. Un evento formativo dedicato agli atleti di ogni genere e disciplina olimpica e paralimpica che vogliono investire nel proprio futuro professionale del post carriera.

Una giornata formativa organizzata in partnership tra Sport Business Academy e Sportive Digitali che ha voluto puntare l’attenzione sui temi di dual career, empowerment e formazione.

L’evento Athletes Academy si è da poco concluso. Qual è il bilancio?

Il bilancio dell’evento è stato sicuramente positivo. Direi che come prima vera uscita di Athletes Academy essere ospitate nel Museo del Calcio grazie alla Fondazione presieduta da Matteo Marani, non potevamo chiedere inizio migliore. La sua cornice ha dato all’evento

una connotazione ancora più emozionante e sicuramente più coinvolgente da parte di tutti i partecipanti. Ringrazio tutte le persone presenti ed è stato molto costruttivo creare un momento di condivisione sullo sport e i suoi aspetti.

Da capitano della Nazionale di Basket a Presidente della Commissione Atleti del CONI al secondo mandato consecutivo. Quali sono le differenze tra questi ruoli e cosa serve per ricoprirli entrambi?

La differenza principale tra questi due ruoli è sicuramente il fatto che non porto più la divisa da gioco ma quella da dirigente. La seconda è che non lavoro più solo a contatto con un gruppo di donne, ma ora i  team di lavoro è misto: maschile e femminile. Sono comunque due ruoli che si intersecano, si coinvolgono e soprattutto che si equivalgono a vicenda. Gli aspetti simili che ho riscontrato ricoprendo questi due ruoli sono i seguenti.

A) La leadership: essere capitana in campo e presidente della commissione atleti significa saper gestire un team che ha bisogno di lavorare insieme per raggiungere obiettivi

comuni. Personalmente io credo molto nella leadership “silenziosa”, quella che trasmette il pensiero attraverso l’esempio. Chiaro che anche l’espressione verbale serve molto e, in questo aspetto, ho imparato molto dal campo come è opportuno usare toni ed espressioni dedicate all’interlocutore con cui mi interfaccio. 

B) Il rispetto dei ruoli e delle gerarchie: questo aspetto per me è la Bibbia per ogni situazione di vita, non solo di sport. Lavorare in una squadra con differenti personalità non è mai semplice, ma per ottenere la migliore performance di ogni suo componente, è necessario mettere da parte l’ego, avere chiari i ruoli e saperli rispettare. Questo ho sempre richiesto da capitana e da presidente. 

C) L’ambizione positiva: altra caratteristica comune tra l’essere capitana e presidente è la sana competizione che mi ha permesso di non avere timore davanti alle scelte che dovevo compiere, anche quelle più impegnative. Avere dei sogni e provare a raggiungerli con i mezzi che si hanno a disposizione, credo sia un valore aggiunto delle persone che hanno una sana e positiva ambizione.

In che modo la carriera sul campo ti ha aiutato a svolgere il ruolo che oggi ricopri?

Da cestista gli aspetti che mi hanno sempre contraddistinta sono stati: la determinazione, l’organizzazione del tempo e del lavoro, la dedizione, lo spirito di sacrificio, l’adattamento, il problem solving e la capacità di lavoro in team. Questi che ho elencato sono alcuni degli aspetti che ritrovo ogni giorno quando mi siedo dietro la scrivania in ufficio o quando sono a bordo campo. Averli vissuti e sperimentati da atleta mi ha permesso di raggiungere la consapevolezza che lo sport aiuta una donna (nel mio caso) a plasmarsi come persona prima e come dirigente poi. La frase “lo sport è una palestra di vita” rappresenta in pieno questo concetto e posso solo ringraziare la pallacanestro che mi ha dato la possibilità di maturare, anche più velocemente di quello che avrei creduto.

Quanto è importante oggi che ci siano eventi come quello svoltosi a Coverciano e quanto è importante parlare di dual career?

 Eventi come quello che abbiamo tenuto a Coverciano sono essenziali, soprattutto in un momento sociale come quello che stiamo attraversando. É fondamentale e urgente che gli atleti si rendano conto sia di quanto sono fortunati a praticare lo sport dove dimostrare il loro talento ma anche di quanto sia importante porre le basi della dual career finche’ sono in attività e soprattutto che la formazione non finisce mai. La doppia carriera è uno strumento attraverso il quale ogni atleta ha la possibilità di gareggiare e vincere sia come sportivo sia come persona. Affiancare sport e studio è possibile e, questi momenti di formazione come Athletes Academy, sono la prova concreta che si può fare. Sono convinta che portare esempi pratici di chi questa strada l’ha già attraversata o la sta percorrendo, sia lo stimolo giusto e l’esempio positivo di cui gli atleti di oggi hanno bisogno. Anche perché più atleti formati ci sono nel mondo dello sport, migliori benefici ne avrà questo settore e non solo!

Cosa serve, a tuo avviso, al mondo dello sport per creare degli atleti e dei professionisti completi?

Al mondo dello sport, per creare degli atleti e dei professionisti completi, serve che siano messi loro a disposizione degli strumenti opportuni per far si che studino, facciano esperienza e si mettano in gioco. Lo scopo non è altro che l’evoluzione dello sportivo e del suo mondo, affinché l’atleta scelga il percorso migliore, facendo leva sui propri talenti e sulle proprie inclinazioni. Bisogna riuscire a stimolare gli atleti a porsi le domande giuste: “cosa voglio diventare”, “verso quale materia provo un grande interesse”, “quali sono gli aspetti che dal campo posso portare nello studio”, “desidero continuare a lavorare nel mondo dello sport”? Nel mio caso, il percorso denominato “Time- Out Project”, promosso dalla FIBA (federazione internazionale di pallacanestro) nel 2017, mi ha permesso di poter sfruttare le

potenzialità da giocatrice e poter far ricadere l’esperienza e le caratteristiche personali non solo in campo, ma anche e soprattutto nella professionalità del manager sportivo che sarei diventata. Progetti come questo devono avere lo scopo di far accedere gli atleti nel

mondo del lavoro, offrendo in anticipo la visione del post carriera e supportando la loro formazione mentre sono ancora in attività.

Chi è il manager dello sport del futuro? Quali caratteristiche deve avere?

Il manager dello sport del futuro ha e avrà diverse sfumature, soprattutto a seguito della trasformazione digitale dello sport che ha permesso di creare figure manageriali diverse tra di loro. Dalle società più strutturate a quelle meno, sono ormai presenti vari manager dello sport, come per esempio: il marketing manager, lo sponsorship manager, l’athletes manager e il media manager. Le loro caratteristiche primarie riguardano quelle della gestione del marketing e delle strategie di revenue; dell’immagine della società; dell’immagine dell’atleta; della gestione delle sponsorship e dei diritti dei media.

Sport al femminile, parità di genere e diversabilità: a che punto siamo in Italia e cosa bisogna fare perché certe “barriere” culturali ancora presenti in molti strati della società possano essere eliminate?

In Italia riguardo gli sport al femminile e la parità di genere sono stati fatti degli enormi passi avanti, ma ancora non sufficienti a dare piena visibilità a queste categorie. L’agenda 2030 dell’ONU ha indicato la parità di genere tra di Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e ogni stato

europeo, Italia compresa (seppur siamo al 14esimo posto), sta promuovendo le proprie strategie. Al di la’ di queste azioni istituzionali, anche trasversali, io credo che sia fondamentale eliminare le barriere attraverso la promozione di modelli positivi sui tre temi citati. In modo da abbattere gli stereotipi culturali e di genere sia attraverso iniziative educative da realizzarsi in ambito scolastico e universitario, che attraverso campagne di comunicazione dedicate, con attenzione al target delle donne con disabilità e in generale ai rischi legati alle discriminazioni multiple. Per quanto riguarda la promozione dello sport al femminile, io e Alessandra Ortenzi, abbiamo dato vita al progetto “Sportive digitali”. Con questo format vogliamo dare voce a tutte quelle atlete che hanno un vissuto sul campo da raccontare, una storia di empowerment e dual career intrapresa a fine percorso sportivo e una rinascita in un ruolo tutto nuovo (nello sport o fuori). Proprio per dimostrare come lo sport sia il mezzo di comunicazione sociale più diretto ed efficace.

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